Blog di protesta contro il sistema partitico che sta rovinando la Liguria, blog contro i dilettanti della politica che infestano la nostra Regione...

domenica 13 marzo 2011

In Italia zero prevenzione e le leggi sono inattuate

Paolo Tosatti
INTERVISTA. Il geologo Mario Tozzi sottolinea la differenza di approccio al problema sismico tra l’arcipelago nipponico e l’Italia. «Lì hanno imparato a conviverci, qui c’è ancora fatalismo»
In Italia
I terremoti sono molto frequenti in Giappone perché in quella zona da tempi immemori ci sono due pezzi di crosta terrestre che si scontrano, uno è quello che si trova sotto l’Oceano Pacifico e l’altro è quello dell’Asia. Si tratta di fenomeni naturali e inevitabili, con cui da tempo hanno imparato a convivere». Mario Tozzi, geologo e ricercatore del Cnr, spiega il modo in cui l’arcipelago nipponico affronta il problema sismico, sottolineando la differenza tra un approccio concreto e lungimirante e l’impreparazione del nostro Paese. Secondo l’Agenzia meteorologica giapponese il sisma di ieri è stato il più potente mai registrato nel Sol Levante. Alla scossa principale ne ha fatto seguito poco dopo un’altra di notevole intensità, accompagnata da decine di vibrazione di assestamento. Per quanto tempo andrà avanti questa scia sismica? Che rischi ci sono? Quando si verificano fenomeni tellurici di questa intensità l’assestamento è molto lungo. Probabilmente durerà mesi. Gli urti che si verificano nella crosta terrestre determinano uno stato di alterazione delle rocce, che frantumandosi provocano la liberazione di energia in un punto interno della Terra, detto ipocentro. Di qui, una serie di onde elastiche, chiamate appunto onde sismiche, si propagano in tutte le direzioni, dando origine al terremoto. Se questo è particolarmente forte, all’evento principale ne seguono altri secondari. Inoltre, dato che in questo caso l’epicentro si trovava sotto la superficie del mare, questo sisma ha dato anche origine a uno tsunami. Dopo la scossa l’allarme tsunami è stato esteso a tutta la regione del Pacifico, fino al Cile. Si tratta di allarmi che scattano di routine in questi casi oppure esiste un rischio concreto anche per le coste di Paesi che si trovano a così grande distanza dall’epicentro? Il principio è quello di un sasso tirato in una pozza d’acqua, con onde concentriche che si propagano in ogni direzione. Più il terremoto è forte più le onde possono arrivare lontano, anche se ovviamente la loro intensità diminuisce con l’aumentare della distanza. In Giappone una scossa di 8,9 gradi della scala Richter provoca un numero di vittime relativamente contenuto. A L’Aquila il sisma di due anni fa, di 5,9 gradi, ha causato oltre 300 morti. Perché questa sproporzione? In Italia le probabilità che si verifichi un terremoto forte come quello di ieri sono praticamente inesistenti. Se accadesse, il numero di morti arriverebbe probabilmente a 100mila, a causa della nostra impreparazione nei confronti dei fenomeni sismici. In Giappone sanno come si costruisce in maniera antisismica: usano criteri adeguati e materiali di alta qualità, evitando le zone più a rischio. Da noi questo non succede. Inoltre il popolo giapponese ha ormai imparato a convivere con i terremoti, che sono entrati a far parte della sua cultura. Qui invece si è sempre avuto un rifiuto nei confronti di questo fenomeno, con cui sarebbe piuttosto necessario imparare a convivere. Non bisogna dimenticare che non è il terremoto di per sé che causa vittime ma il crollo di edifici e infrastrutture, che se fossero costruiti in modo adeguato e lontano dalle aree più esposte resterebbero in piedi. In realtà, dal 2008 anche l’Italia si è dotata di nuove norme che garantiscono la massima sicurezza in materia di edilizia in aree a rischio, essendo la Penisola classificata tutta come zona sismica… Le norme ci sono ma se non vengono applicate o se la concessione di deroghe è continua, il problema resta.



Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari

Tea Party Italia

Il movimento Tea Party Italia ha adottato come suo slogan ufficiale: "Meno tasse, più libertà!". Una formula semplice che tuttavia racchiude tutte le rivendicazioni che intendiamo portare avanti.Ci poniamo innanzitutto contro l'esosa tassazione italiana: quel fisco che diventa un vero e proprio socio invisibile che pretende - e ottiene, sotto la minaccia del ricorso alla forza - oltre il 50% del frutto del nostro lavoro, del nostro impegno e del nostro tempo, rubandoci così la speranza di un futuro in cui vogliamo essere i soli protagonisti delle nostre vite.Chiediamo una riforma fiscale che miri ad un taglio netto delle tasse e che permetta dunque a tutti (lavoratori autonomi e dipendenti) di avere più soldi in tasca a disposizione per scegliere servizi offerti in regime di libero mercato e non imposti dall'alto.Il movimento Tea Party Italia reclama l'autonomia personale e la responabilità individuale di ciascuno: lo stato italiano ci tratta come bambini da educare (se non plagiare), tener buoni e far finta di proteggere. Bambini a cui non è consentita nemmeno la possibilità di provare ad essere responsabili di se stessi, ma che devono essere indirizzati a servizi, ideologie, informazione e istruzione già predefinite.Vogliamo che lo stato ci tratti invece da adulti: vogliamo la libertà di scegliere scuola, e sanità, pensioni e la facoltà di vivere in paese in cui vige la regola del libero mercato e non del clientelismo e dell'apparato.Vogliamo che i nostri successi e i nostri fallimenti siano da imputare esclusivamente a noi stessi e non a qualcuno che vorrebbe governare dall'alto le nostre vite.Noi diffidiamo dallo stato che dice di agire "per il nostro bene", perchè crediamo di essere gli unici a sapere cosa è bene per noi stessi.Vogliamo, in sintesi, più libertà: che spesso si può tradurre in "meno stato" nelle nostre vite. Non un governo migliore, ma un governo che governi meno."Il nostro Progetto di Libertà" - Manifesto dei Tea Party

Che cos' la Rivoluzione Digitale

Con rivoluzione digitale si intende la propagazione a macchia d'olio che hanno avuto i vari prodotti digitali e tutta quella serie di cambiamenti sociali, economici e politici avvenuti in merito all'avvento della digitalizzazione di gran parte degli accessi all'informazione. La rivoluzione digitale, avviata con la nascita del linguaggio binario comune a tutti i media che viene sempre più utilizzato per trasformare i mezzi di comunicazione tradizionali e per crearne di nuovi, ha contribuito a mutare profondamente il concetto di comunicazione. Grazie allo sviluppo di devices interattivi, quali il World Wide Web, digitale terrestre, smartphone, si è assistito alla proliferazione e alla moltiplicazione di canali d'accesso all'informazione che hanno cambiato le modalità in cui avviene l'atto comunicativo. La rivoluzione digitale ha, inoltre, mutato enormemente l'approccio alla cultura, al lavoro e al tempo libero: in tutti gli ambiti della vita sociale è diventata indispensabile e ovvia la digitalizzazione dell'informazione. Non si tratta dunque di un evento tecnologico che fa discutere il mondo della ricerca, ma ormai è un avvenimento che guida la trasformazione della società in tutte le sue forme. Cambia il rapporto tra le persone, modifica la comunicazione tra lo Stato e i cittadini e porta grandi trasformazioni al mondo del lavoro.

La rivoluzione digitale ha come punto di partenza il computer che non è solo principalmente uno strumento per rappresentare in forma statica i dati, ma diventa uno strumento potentissimo per lavorare sull'informazione. La convergenza al digitale (trasformazione dell'informazione in formato digitale) è il fulcro della rivoluzione digitale con cui le informazioni di tipo diverso vengono scritte attraverso lo stesso linguaggio di base (il linguaggio dei bit) e gestite attraverso lo stesso strumento (il computer). La convergenza al digitale (intesa come il progressivo trasferimento verso il formato digitale di tipologie diverse di informazione tradizionalmente collegate a media diversi) rende possibile una integrazione strettissima e totalmente inedita fra codici e linguaggi estremamente lontani tra loro. Questo processo non è da considerare come il frutto automatico di un mero progresso tecnologico; dal momento che esso coinvolge direttamente i modi di rappresentare, scambiare e organizzare l'informazione, la rivoluzione digitale non va intesa come una semplice riformulazione in un linguaggio nuovo di una realtà preesistente: ha forme nuove rese possibili dalla tecnologia, ma è frutto di scelte che non sono né unicamente né principalmente tecnologiche.

Lettori fissi

Archivio blog

Informazioni personali

La mia foto
Ed Wood è un cinico che non crede più a niente se non al suo lavoro e a qualche persona. Giovanissimo inizia a fare politica e ha peregrinato in vari movimenti in cerca di risposte.Un'esperienza politica traumatica in un movimento di dilettanti lo ha fatti riflettere sul futuro della politica e della sua terra ed è per questo che ha deciso di intraprendere la protesa diigitale in quanto internet, a differenza di televisione, radio e giornali, è veramente libero. Non ci potranno mai imbavagliare!!!


Post più popolari

Cerca nel blog

Powered by Blogger.

Pagine

Visualizzazioni totali